Dite la verità…anche voi siete sempre stati affascinati dal misterioso mondo del carnevale?
Sarà che essendo nata a Febbraio, il Carnevale l’ho sempre sentito come una festa che mi appartiene di più rispetto alle altre, ma è anche vero che crescendo mi sono accorta di come questa, non fosse solo una festa in maschera per bambini, ma bensì avesse una sua storia, tra l’altro molto remota, quando addirittura la religione dominante era quella pagana, il tutto avvolto da un incredibile alone di mistero come è rappresentato dalle maschere usate per i festeggiamenti, che in molti casi, quando ero piccola mi inquietavano.
Partiamo con ordine: quando si festeggia il carnevale?
Il Carnevale non ha una data fissa poiché dipende da quando cadrà la Pasqua nell’anno (anch’essa festività mobile).
Di solito inizia la nona domenica che precede la Pasqua, raggiungendo l’apice dei festeggiamenti il giorno del Giovedì Grasso e culminando il martedì successivo chiamato Martedì Grasso, giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri l’inizio della Quaresima.
Solo nell’Arcidiocesi di Milano, dove si osserva il Rito Ambrosiano, la Quaresima inizia di domenica, in ritardo di 4 giorni, facendo terminare cosi il carnevale il sabato dopo le ceneri.
Perché si chiama così?
Il termine Carnevale deriva dal latino “Carnem levare” ovvero “eliminare la carne” in previsione del periodo di astinenza e digiuno previsto per la Quaresima.
Quali sono le sue origini?
Le origini del Carnevale vengono fatte risalire ai tempi dei Sumeri e dei Babilonesi. E’ proprio alla città di Babilonia che dobbiamo infatti l’usanza dei carri allegorici. Proprio qui, veniva festeggiato qualcosa di molto simile a quello che è oggi per noi il carnevale. Attraverso l’uso dei carri allegorici appunto, veniva rappresentato il viaggio degli astri dal vecchio al nuovo anno, alludendo così al passaggio dall’oscurità alla luminosità e dalla conseguente regressione al caos primordiale, alla ri-creazione. Per tale rappresentazione i babilonesi si servivano di una nave munita di ruote chiamata Car naval (da qui dunque carnevale), sui cui troneggiavano i simulacri di Sole, Luna e segni zodiacali, scortata dal popolo in festa che approdava al santuario del Dio Marduk, colui che, dopo essere sceso agli inferi, risorgeva vincendo il caos riportando l’ordine nell’universo.
EGITTO
Altre testimonianze del carnevale le possiamo ritrovare in Egitto e precisamente nei festeggiamenti del Navigium Isidis da cui deriva l’usanza del travestimento per carnevale. Durante questa celebrazione veniva mandato alla deriva un vascello consacrato alla Dea Iside (il Navigium appunto) che era appunto preceduto da una sfilata di gruppi mascherati, abbigliati con magnifici costumi. In seguito avveniva la processione vera e propria dedicata alla Dea Iside dove donne in veste bianca, col capo ornato di ghirlande primaverili, lanciavano fiori per cospargere la strada dove passava il corteo; le stoliste o ornatrici, agitavano pettini e arnesi da toilette, fingendo di adornare e pettinare la capigliatura della dea; mentre altre donne cospargevano l’aria di deliziosi profumi e unguenti. Venivano poi i dadofori, che portavano in mano lucerne, fiaccole e ceri, e i suonatori di flauto, che diffondevano nell’aria una soave melodia. Seguivano quindi gli imnodi, un coro di giovani in tunica bianca che intonavano un inno al ritmo della musica. A questo punto entrava in scena la folla degli iniziati ai sacri Misteri di Iside, avvolti in candide vesti di lino, le donne coi capelli profumati coperti da veli trasparenti e gli uomini con la testa rasata seguiti dai sei sacerdoti del culto, fasciati dal petto ai piedi da una tunica di lino, che recavano in mano gli attributi della dea: una lucerna a forma di barchetta, un piccolo altare chiamato “ausilio”, un ramo di palma dalle foglie dorate, il caduceo, uno scettro a foggia di mano aperta, un vasetto d’oro a forma di mammella, un setaccio d’oro pieno di rametti di alloro e un’anfora. Dopo i sacerdoti seguivano gli Dei a figura animale e quindi Anubi e Hathor.
La processione terminava in riva al mare dove gli oggetti sacri venivano disposti sugli altari. La nave di Iside era costruita a regola d’arte e terminava con una poppa ricurva a collo di cigno in legno di cedro e lamine d’oro, era inoltre decorata sulle fiancate con magnifiche pitture egizie, e sulle vele erano impresse delle lettere ricamate in oro che esprimevano un voto di augurio. Il sommo sacerdote, dopo aver recitato le preghiere celebrava il rito della purificazione con una fiaccola ardente, un uovo e dello zolfo e, all’atto della consacrazione, poneva la nave sotto la protezione della dea. Allora i fedeli e coloro che assistevano al rito deponevano nella nave setacci colmi di spezie e altre offerte del genere, e versavano sulle acque del mare, come libagione, una crema fatta con latte. Infine, la nave piena di doni e di offerte votive veniva calata in mare. Una volta che la nave era scomparsa dall’orizzonte, il sacerdote chiamato Scriba, dall’alto di una tribuna, leggeva un testo che conteneva una formula di augurio e prosperità per l’imperatore, il Senato, l’ordine equestre e il popolo romano, e anche per i marinai e le navi che solcavano i mari, aprendo così la stagione della navigazione. Questo di Iside, fu l’ultimo culto pagano a sopravvivere al Cristianesimo in Egitto, proprio a causa della sua grande diffusione.
GRECIA
In Grecia, in un periodo analogo a quello del nostro Carnevale si festeggiavano le Antersterie, poi trasformate nelle Dionisiache (o Dionisie), celebrazioni dedicate al dio Dioniso. Durante queste feste, che hanno a che fare direttamente col piacere del vino e con il “fiorire primaverile” venivano proposti spettacoli teatrali e banchetti e qualsiasi attività veniva fermata compreso i procedimenti penali.
ANTICA ROMA
Per quanto riguarda l’Antica Roma, le festività che più si avvicinavano al Carnevale, erano quelle dei Lupercalia dedicata al Dio Luperco, e dei Saturnali.
Poiché nel calendario romano, Marzo, era il primo mese dell’anno, i Lupercalia, festeggiati dal 13 al 15 di Febbraio, ( e facenti parte di una festività ancor più ampia, quella dei Parentalia che iniziava sempre il 13 febbraio terminando il 21 con i feralia), erano principalmente rituali di tipo propiziatorio e per questo di carattere sfrenato. D’altronde il mese di Febbraio era un periodo in cui ci si preparava al nuovo anno, e quindi alla primavera attraverso una purificazione come si evince dalla parola stessa “Februare” ovvero “purificare”.
Questa festività avveniva al Sacrario del Lupercale, una caverna ai piedi del monte Palatino, dove la tradizione vuole che al suo interno la Lupa avesse allattato Romolo e Remo. Qui dentro, in presenza di un sacerdote (Flamen Dialis), i Luperci sacrificavano delle capre e un cane, dopodiché ricoperti con le pelli delle capre sacrificate si riversavano nelle strade colpendo il terreno con cinghie di cuoio ma soprattutto le donne poiché speravano nella fertilità.
I Lupercali furono difficili da abbandonare per il popolo romano, tant’è che esistevano ancora nel V secolo D.C. La chiesa preoccupata della permanenza di tali usanze pagane decise di istituire la festa di San Valentino, tramite Papa Gelasio I, per cercare di estirpare definitivamente quegli antichi riti precristiani.
Per quanto riguarda invece i Saturnali, questi venivano festeggiati dal 17 al 23 Dicembre, qui, l’ordine sociale veniva sovvertito, oltre all’elezione di un Re, gli schiavi diventavano padroni e i padroni gli schiavi.
Questa usanza rimase anche quando il Carnevale venne “assorbito” dalla tradizione cristiana mutando il nome in Festa dei Pazzi. Era solito infatti eleggere un finto Papa che girasse a cavallo per la città.
Comunque, a qualsiasi periodo uno voglia far riferimento, nulla toglie il fatto che il significato del carnevale era sempre lo stesso: un periodo pieno di allegria nel quale tutto era concesso, gioco, scherzo e finzione.
COME MAI CI SI MASCHERA?
Come già detto, il travestimento deriva dal Navigium Isidis, ciò che ne derivò nel corso dei secoli è stato un vero e proprio patrimonio culturale, che soprattutto in Italia, ha visto la comparsa di maschere proprie per ogni regione.
Molte di queste maschere, nacquero nel corso del ‘600, quando comparvero per la prima volta a teatro nella Commedia dell’Arte, ognuna che incarnava un carattere preciso dell’uomo che veniva ridicolizzato attraverso le loro buffe vicende (Arlecchino-servitore, Pantalone-padrone, Balanzone-saccente, ecc.).
L’uso della maschera spesso sorridente era un’antica usanza legata alla credenza che la risata, anche se non reale, allontanasse gli spiriti maligni e che con il volto coperto l’uomo, non più legato alla propria umanità, potesse lasciarsi andare ad atti e comportamenti solitamente inusuali o mal tollerati.